Nell’era del boom economico, il 1963 segna una data importante per un’azienda lungimirante che pensava fuori dagli schemidi Marco ArezioI primi anni ’60 la plastica iniziava a compiere i primi e decisivi passi che avrebbero poi caratterizzato lo sviluppo economico e sociale del secolo scorso. Pochi anni prima Giulio Natta aveva ottenuto il Nobel per la chimica per le sue ricerche che lo portarono alla scoperta del polipropilene. I Caroselli nella TV in bianco e nero di allora magnificavano i molteplici usi del Moplen, con il quale si potevano realizzare contenitori leggeri, resistenti e colorati, perfettamente in grado si sostituire quelli fatti in lamiera verniciata, pesanti e che potevano arrugginirsi. Nella sale cinematografiche, intanto, gli italiani si appassionavano al Gattopardo. È infatti nel 1963, come abbiamo detto, in pieno boom economico, che grazie all’intuizione e ad una visione illuminata di Innocente Caldara e del cognato Mario Pontiggia, nasce la “Pontiggia & Caldara” che sessant’anni più tardi sarebbe diventata la Caldara Plast che conosciamo oggi. Il Sig. Innocente girava instancabilmente l’Italia con il suo camion, un OM Tigrotto, in un periodo di grandi innovazioni in tutti i settori. È in questo scenario, in un’Italia in grande fermento, in cui tutti gli scantinati di Milano erano occupati da qualche laboratorio dove si produceva “qualcosa”, che Innocente Caldara vide due residui plastici che molte industrie eliminavano, una risorsa da riutilizzare e riportare a nuova vita. Erano solo gli anni Sessanta ma questa è l’idea che oggi sta alla base dell’economia circolare. In quei primi faticosi ma emozionanti anni, l’azienda faceva trasporti per varie società situate nella provincia di Lecco, operanti nella distillazione del metacrilato, portando il monomero ai clienti di queste ditte. Il modus operandi era semplice ma efficace: da queste ditte che producevano lastre di metacrilato venivano ritirati gli scarti prodotti e, successivamente, gli stessi venivano venduti alle aziende che si occupavano di distillazione. Con l’evoluzione del mercato e dei materiali, (erano anni di gran fermento nell’industria dei polimeri), al metacrilato trattato inizialmente si aggiunsero presto anche gli scarti di Policarbonato, dell’ABS, della Poliammide e del Polistirolo. Così, anche l’azienda, come il mercato, stava cambiando. Negli anni Settanta venne costruito, non con pochi sacrifici, il capannone di Caslino d’Erba, paese d’origine della famiglia Caldara, necessario ormai per contenere tutti gli scarti ritirati. Qui vennero posizionati i primi mulini acquistati per macinare le diverse tipologia di materiali, e stoccare il macinato pronto da rivendere in Italia ma anche all’estero. Giungono in fretta gli anni Novanta e la ditta diventa “Innocente Caldara snc”. Accanto al Sig. Innocente inizia a lavorare a 17 anni il figlio Attilio, il secondo dei suoi figli, che si occupa della macinazione degli scarti. Anche Massimiliano, il figlio maggiore, lascia la società in cui lavorava ed entra nell’azienda di famiglia. Avendo la patente per guidare il camion si alterna al papà nella guida del nuovo Iveco 190, anche lui girando l’Italia recuperando scarti di polimeri da avviare alla macinazione. Nel 1994, il terzo figlio, Alessandro, si unisce ai fratelli e al padre occupandosi anche lui di trasporti e macinazione. A supportare tutto questo gran lavoro negli uffici arriva Ester, che si occupa di amministrazione e contabilità e che affianca la Sig.ra Angela, moglie del Sig. Innocente, che da sempre, con costanza e rigore, tiene le fila della parte amministrativa dell’azienda. Ora, che la quantità di scarti aumenta, sorge un dubbio ai Caldara “ma che ce ne facciamo di tutti questi scarti acquistati e macinati? Sono belli, colorati, perfino simpatici, gli ambientalisti non sono ancora intervenuti gridando che la plastica è uno dei mali del mondo, ma nel nostro magazzino incominciano a diventare un po' troppi.” E allora? Internet e il web ancora non esistevano... così si incominciò con il telefono e le pagine gialle a trovare potenziali clienti a cui interessassero le plastiche macinate, e altri potenziali fornitori da cui acquistare scarti di lavorazione. Massimiliano, approfittando di uno stop forzato a seguito di un incidente in moto, iniziò a stare al telefono e ad occuparsi in prima persona della ricerca di clienti e dei rapporti con i fornitori. Siamo negli anni Novanta e in Caldara è già iniziata l’era dell’economia circolare. Continua… Traduzione automatica. Ci scusiamo per eventuali inesattezze. Articolo originale in Italiano.Fonte: Caldara
SCOPRI DI PIU'Il Prezzo Record di un Container dall’Asia all’EuropaSe vogliamo essere precisi, il record di costo di un CNT da 40 piedi tra Shangai e Rotterdam ha toccato esattamente i 10.174 USD nel mese di Maggio, dimostrando tutte le problematiche che il commercio internazionale sta vivendo attualmente.Questo significa un ulteriore aumento del 3,1 % rispetto alla scorsa settimana, ma di ben +485% rispetto all’anno scorso. Ma come mai non si riesce a frenare questa corsa dei prezzi? I motivi che hanno fatto scaturire la corsa dei prezzi dei containers fino a pochi mesi fa, si possono riassumere, come ampiamente descritto in un articolo precedente, nella dinamica del Covid, nello stop alle produzioni in tutto il mondo, nella situazione climatica eccezionale negli stati uniti, in una ripartenza improvvisa dell’economia e nella necessità di ricostituire le scorte minime nei magazzini. Inoltre, nel mese di Marzo, si è verificata una congestione nel canale di Suez, a causa dell’incagliamento di una nave, con il conseguente ingolfamento delle navi porta container che stazionano ai porti per lo scarico. La somma tra domanda di merci elevata e i ritardi delle movimentazioni delle merci nei porti, ha creato una insufficiente quantità di containers disponibili, creando un ulteriore aumento dei prezzi. I profitti delle compagnie di navigazione stanno volando tanto che, secondo il gruppo industriale BIMCO, nei primi 5 mesi del 2021 si sono registrati aumenti degli ordinativi per la costruzione di nuove navi porta containers.Categoria: notizie - plastica - economia circolare - logistica Maggiori informazioni sulla logistica internazionaleLa storia del canale di Suez
SCOPRI DI PIU'Come l’impatto delle temperature può influire sui valori prestazionali dei polimeri altamente reticolati di Marco ArezioNel campo dei polimeri plastici esistono quelli classificabili come reticolati e quelli definiti lineari o ramificati, i quali esprimono differenze sostanziali nella distribuzione e nel collegamento tra i punti delle molecole. Si può quindi definire un polimero “reticolato” se esistono due o più linee che collegano due punti qualsiasi della sua molecola, mentre si può definire un polimero “lineare” o “ramificato” se non esistono catene laterali intestate in due o più punti. La caratteristica delle catene reticolate è che sono unite tra loro da legami covalenti, aventi un'energia di legame pari a quella degli atomi sulle catene e non sono perciò indipendenti le une dalle altre. Per questo motivo un polimero reticolato è generalmente una plastica rigida, che a seguito di un’azione di riscaldamento, si decompone o brucia, anziché rammollirsi e fondere come un polimero lineare o ramificato. Infatti, mentre un elastomero, soggetto ad una normale temperatura ambiente esprime il punto di rammollimento, i polimeri reticolati rimangono rigidi in condizioni termiche ambientali, ma anche a temperature superiori, fino a giungere un livello termico che causa la sua degradazione. Di conseguenza, se si sottopone un polimero reticolato a temperature superiori ai 200 °C, è facile che si crei il fenomeno di degradazione che rende il polimero difficilmente utilizzabile, nello stesso tempo, si è notato che l’aggiunta di cariche migliora la resistenza termica del compound. L’influenza della temperatura agisce facilmente sui polimeri lineari, ma non trova grande riscontro su quelli reticolati, questo a causa della fitta reticolazione che caratterizza la struttura polimerica che impedisce qualunque movimento molecolare che possa coinvolgere grandi deformazioni. A temperatura elevata, i polimeri densamente reticolati possono accennare a mostrare fenomeni viscoelastici ma, allo stesso tempo si manifestano reazioni chimiche, che alterano la struttura del materiale. Il motivo per cui spesso si creano legami reticolati è che i polimeri lineari non sono abbastanza resistenti per alcune applicazioni che richiedono una speciale robustezza, o una grande elasticità. In questi casi vengono creati dei legami incrociati tra le catene per ottenere polimeri reticolati più forti, ma che non sono più rimodellabili per fusione. Per quanto riguarda i comportamenti meccanici di un polimero densamente reticolato, come può essere le resine fenoliche, questi avranno delle reazioni differenti ed opposte, per esempio, rispetto agli elastomeri. Il diagramma sforzo-deformazione a trazione dei polimeri densamente reticolati indica, quindi, sempre un comportamento fragile, con piccoli allungamenti a rottura e alti carichi a rottura. In realtà bisogna anche considerare che i polimeri densamente reticolati che sono in commercio, possono contenere anche quantità di cariche di varia tipologia, come la cellulosa, i cascami di cotone, la farina di legno, la fibra di vetro e molte altre, per cui lo studio del comportamento meccanico non è sempre di facile intuizione.
SCOPRI DI PIU'Africa: mai come nei paesi poveri il ruolo delle donne è fondamentale e centrale nella societàdi Marco ArezioLa maggior parte dei paesi Africani sono costantemente sotto pressione a causa dei fenomeni che riguardano, le siccità, le migrazioni, l'iper urbanizzazione, la povertà, le malattie e la sicurezza sociale. Una parte di questi fenomeni, a volte concatenati tra loro, sono la conseguenza dei cambiamenti climatici e dell'inquinamento causati dall'evolversi, negativamente, dei fenomeni di industrializzazione mondiale e da un tenore di consumi che erode il pianeta, con tutte le conseguenze del caso. I cambiamenti climatici, in alcune aree Africane, comportano prolungate siccità, con conseguenti deficit alimentari per la popolazione, che si vede costretta a spostarsi nelle aree urbane o sub-urbane alla ricerca di ipotetiche migliori condizioni di vita. Secondo una stima delle Nazioni Unite vivrebbero, nelle aree urbane del mondo, circa 3 miliardi di persone e di loro, circa 1 miliardo, in quartieri periferici degradati, in assenza di servizi minimali per la persona. L'iper urbanizzazione comporta delle conseguenze di tipo sanitario, di sicurezza, di inquinamento e di problematiche di sostentamento per le famiglie emigrate. Tra i tanti problemi che questi agglomerati umani sono costretti ad affrontare, quello dei rifiuti autoprodotti è annoverato tra quelli di urgente soluzione. Le città metropolitane Africane non sono tutte dotate di servizi di raccolta dei rifiuti, che possano far fronte alla crescita costante dell'espansione delle città e non sono nemmeno pronte ad arginare e risolvere il fenomeno dell'aumento dei rifiuti plastici causati dal cambio di abitudine dei cittadini in sull'uso degli imballi. Infatti, quello che era, un tempo, di Juta, di metallo o di legno si è presto trasformato in contenitori di plastica usa e getta. Il mix esplosivo di problemi esistenti, si contorna di un'altra piaga sociale che è la disoccupazione dilagante con conseguenza legata alla sicurezza dei cittadini e al loro sostentamento. In questa situazione, in alcune città, le donne, che hanno l'effettiva responsabilità famigliare, aiutate da alcune organizzazioni di volontariato Europeo, hanno imparato a fare, dei rifiuti plastici, un mezzo di sostentamento della propria famiglia, dando un contributo sostanziale al decoro del loro quartiere e contenendo quei fenomeni di pericolo sanitario che l'inquinamento implica. Le associazioni di volontariato le hanno sostenute attraverso l'istruzione sulle tematiche lavorative e nella costituzione di cooperative di lavoro che si occupano della raccolta selettiva e della vendita dei rifiuti plastici. Una lezione per tutti. Hanno creato piccoli, ma diffusi centri di raccolta e dispongono di risorse per poter gestire il lavoro dando uno stipendio alle loro famiglie e creando la possibilità, non solo di sostegno alimentare, ma anche di scolarizzazione dei propri figli. Le donne coinvolte in questa attività erano considerate la parte fragile, emarginata, analfabeta della comunità, ma ora, hanno preso coscienza della loro forza, della loro importanza e della loro autodeterminazione, che vogliono trasferire ai propri figli, soprattutto alle figlie, in modo da costruire una vita migliore.
SCOPRI DI PIU'Vediamo come, nella più iconica delle competizioni d'auto, la 24 Ore di Le Mans, si useranno solo biocarburantidi Marco ArezioLa gara automobilistica che si svolge ogni anno, nel mese di Giugno, presso il circuito di Le Mans in Francia è nata nel 1923 e, non c’è dubbio, ha fatto la storia delle competizioni sportive delle auto. Attraverso le competizioni, l’industria automobilistica si metteva in luce verso i propri clienti, utilizzando le corse come veicolo pubblicitario per i propri modelli di serie. Ricordiamo nomi eccellenti dell’industria dell’auto come la Ferrari, l’Alfa Romeo, la Bugatti, la Ford, la Bentley, la Jaguar, la Mercedes e molte altre marche, e più recenti, che hanno calcato il prestigioso circuito. Alcuni piloti sono diventati oramai leggenda, come Tazio Nuvolari, Luigi Chinetti, Phil Hill, Olivier Gendebien, Ludovico Scarfiotti, Lorenzo Bandini, Bruce McLaren, Chris Amon, Jacky Ickx, Henri Pescarolo, Gérard Larrousse, Jean-Pierre Jaussaud, Didier Pironi, Michele Alboreto, Stefan Johansson, Tom Kristensen e molti altri che si sono sfidati a velocità folli per far vincere il proprio team. La gara ha visto anche delle enormi tragedie, come l’incidente avvenuto nel 1955 quando una Mercedes, volò letteralmente oltre la pista, atterrando tra la folla che seguiva la gara. Ci furono 83 morti e 120 feriti. Ma la competizione di Le Mans è sempre stata vista come la battaglia tecnologica tra le case costruttrici che, attraverso le gare, volevano sottolineare la capacità industriale e la maestria nel produrre modelli vincenti, veloci e carismatici. I clienti di auto si identificavano, come nel calcio, con il proprio marchio preferito, supportandone le gesta e, i fortunati che potevano permettersi macchine così prestigiose, ne facevano uno status symbol. L’intreccio tra industria e sport è durato per molto tempo, nonostante da un po' di anni le case automobilistiche sono viste come produttori di mezzi inquinanti e, quindi, si è allentato quel forte sodalizio passionale che c’era prima con le auto. In realtà oggi si vuole cercare di conservare quella passione per il motore endotermico, che ha sempre affascinato il pubblico, cerando carburanti che siano pienamente rispettosi dell’ambiente e non di derivazione petrolifera. Infatti, secondo le informazioni di Total, si è realizzato un biocarburante composto da residui delle lavorazioni agricole, come le vinacce e le fecce, chiamato Excellium Racing 100, che è stato approvato dalla FIA come carburante adatto alle competizioni. Soddisfa inoltre le direttive delle case automobilistiche per quanto riguarda i motori, dei piloti per la guidabilità e dell’ente europeo sulle energie rinnovabili (RED). Tutte le 60 auto che correranno la gara di Le Mans nel 2022 saranno rifornite questo carburante ecologico, dimostrazione che passione e ambiente sono conciliabili, se si vuole.
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