Chi si ricorderà di noi, dei nostri sacrifici e delle nostre rinunce fra alcune generazioni?di Marco ArezioLa nostra vita è formata da una certa quantità di piccoli pezzi di un puzzle, ricevuti alla nostra nascita, che rappresentano idealmente i giorni della nostra esistenza, apparentemente tutti uguali ma in realtà molto diversi tra loro, di cui ce ne dobbiamo prendere cura, riempirli di colori più o meno intensi, in base a come passeremo le giornate. Alla nostra nascita ci vengono regalati, sparsi e confusi nell’area della vita e, giorno per giorno, ne spostiamo uno alla volta verso la zona di destinazione, costruendo il disegno della nostra vita. I giorni vissuti o consumati faranno transitare da un’area all’altra la nostra dotazione di pezzi di puzzle, in una danza continua, dall’alba al tramonto, meccanismo, questo, che non si fermerà mai più. Da giovani guardiamo il mucchio disordinato che abbiamo avuto alla nascita e ci sentiamo invincibili, immortali, carichi di tempo e inclini a non considerare l’importanza di questo meccanismo di transizione, consci dei tanti pezzi che vediamo sparsi che ci attendono. Siamo molto concentrati su noi stessi, sulle nostre attività, sugli obbiettivi che ci siamo dati, su quelli che gli altri ci chiedono, avvolti nel turbinio delle cose, delle esigenze che sembrano siano irrinunciabili. Può essere tale la nostra foga di costruire un’immagine di noi stessi, di afferrare e consumare ogni desiderio che riteniamo indispensabile nel momento in cui lo pensiamo, che possiamo barattare i nostri obbiettivi con la velocità di spostamento dei pezzettini del puzzle della nostra vita, dal posto primario alla zona di in cui ogni pezzo si incastra con un altro, senza più muoversi. Per essere quello che vorremmo o che gli altri ci spingono ad essere, utilizziamo la scorta di tempo che abbiamo, senza valutare il costo, nella convinzione di poter guadagnare un posto rilevante tra i nostri simili, per il presente e per il futuro. Ma chi si ricorderà di noi fra qualche generazione? I figli godranno legittimamente dei nostri sacrifici, i nipoti avranno un ricordo già un po' sbiadito della nostra vita trascorsa a costruirci, imputando più ai propri genitori la loro situazione sociale che a noi. Fra 100 anni, forse, non sapranno più chi eravamo, cosa facevamo, confondendo date e luoghi, senza un grande interesse per le vite spese, anche perché più ci si allontana nei ricordi, meno si godrà dell’importanza sperata. I nostri beni, tanto faticosamente accumulati, barattando il nostro tempo, saranno progressivamente divisi, ereditati, venduti, forse separati e magari in mano a sconosciuti. Nessun senso di affezione per quelle cose che ci siamo faticosamente costruiti e vissute, tutto ridotto ad un valore e, a volte, gli eredi ringrazieranno la fortuna se cadrà in tasca il risultato di un’eredità, forse faticando a mettere a fuoco da chi proviene, ma alla fine, quello che conta, sono i soldi o un bell’immobile. Se avessimo costruito una ditta importante, lavorando giorno e notte, può essere che i nostri figli continuino il nostro lavoro, ma anche loro saranno soggetti alle leggi della vita, tra alti e bassi, e non è detto che il nostro nome continui nel tempo. Tante cose potranno cambiare, persino la genesi dell’attività stessa, un ricordo sfuocato o assente dai più che lavoreranno al suo interno. Forse si può pensare che la vita sia oggi, che la nostra impronta nelle generazioni future sia una idea che ci facciamo, traslando il nostro ego troppo avanti, pensando che potremmo essere in un certo senso immortali, ma le cose non andranno sempre come pensiamo. Lasciamo che i pezzettini del puzzle, durante la nostra vita si spostino lentamente, coloriamoli di tonalità calde, e non cerchiamo di barattarli con i mille desideri che potrebbero affannare la nostra mente. Niente ha più valore del tempo, quindi non disturbiamo il lento movimento che i giorni segneranno la nostra vita, non chiediamo di andare più veloce, perché non si tornerà più indietro. Guardiamo con attenzione ogni singolo pezzetto di puzzle, giorno per giorno, e non rattristiamoci se il disegno della nostra vita si sta formando, incastrando pezzo dopo pezzo, giorno dopo giorno, niente può influenzare il suo movimento, ma godiamoci ogni singolo elemento, con la calma, insegnando ai nostri figli e ai nostri amici di aver cura di loro, di tenerseli stretti, di curarli e di sorridergli. Quando avremo in mano l’ultimo incastro, guarderemo tutti quelli che abbiamo curato, amato, colorato e vissuto e ci sentiremo soddisfatti della nostra nuova casa, inserendo senza timore l’ultimo pezzo mancante.
SCOPRI DI PIU'Cosa si intende per degrado dei polimeri riciclati: biologico, ossidativo, foto-degradazione e termico?di Marco ArezioNegli anni dal dopo guerra in poi, le materie plastiche hanno preso sempre più mercato andando a sostituire prodotti fatti con altre tipologie di materiali in quanto si evidenziarono subito gli innumerevoli vantaggi che questo nuovo materiale portava. Tra i vantaggi delle materie plastiche che si possono sottolineare, troviamo la leggerezza, la facilità di lavorazione, la possibilità di colorazione e il basso costo di produzione. In realtà in quegli anni ci siamo concentrati sui vantaggi indiscussi delle materie plastiche senza approfondire le questioni che ne determinavano il loro degrado. Oggi, con la grande esperienza che gli utilizzatori e i produttori di materie plastiche hanno acquisito, possiamo bilanciare vantaggi e svantaggi di un materiale così innovativo. Possiamo classificare gli svantaggi tra interni ed esterni: Svantaggi Interni modificazione chimiche e fisiche processo di produzione del polimero reattività chimica degli additivi Svantaggi Esterni variazioni termo-igrometriche esposizione ai raggi UV agenti inquinanti calore microrganismi ossigeno cause accidentali Inoltre, la degradazione può essere di tipo fisico che chimico. Nel degrado fisico si può notare un aumento della cristallinità e di conseguenza della densità, con la nascita di tensioni interne, fessurazioni e deformazioni. Quello chimico, che avviene a livello molecolare, in base all’agente degradante, va ad influenzare le catene polimeriche con una perdita di coesione e una diminuzione del peso molecolare. DEGRADO OSSIDATIVO DELLE MATERIE PLASTICHE Nonostante la degradazione dei polimeri organici e inorganici sotto l’effetto dell’ossigeno sia molto lenta, questa provoca il rilascio di sostanze chimiche che portano all’auto-catalizzazione del polimero stesso, cioè, gli agenti chimici frutto della degradazione attaccano a loro volta la catena polimerica, attivando un processo autodistruttivo. Inoltre, se questa fase viene interessata dalla formazione di radicali liberi per azione del calore o della luce, allora la reazione tra il polimero e l’ossigeno aumenta la velocità di scissione delle catene, che porta alla reticolazione e alla formazione di elementi volatili. Questo processo viene chiamato foto-ossidazione o termo-ossidazione, a seconda se il fattore scatenante sia stata la luce o il calore. Le conseguenze dirette sulla qualità del polimero si possono notare attraverso la riduzione delle proprietà meccaniche, specialmente per quanto riguarda l’elasticità e la resistenza alla rottura. DEGRADO BIOLOGICO DELLE MATERIE PLASTICHE Per degrado biologico si intende l’attacco da parte di funghi e batteri sui alcuni polimeri, specialmente quelli di derivazione naturale. Questi sono soggetti al fenomeno della Idrolisi, che può espone il polimero, in presenza di un alto tasso di umidità, alla rottura delle catene. Per bloccare il degrado si può optare per una conservazione in un ambiente privo di ossigeno, ma è necessario conoscere bene l’origine del polimero in quanto non è un trattamento universalmente valido. DEGRADO TERMICO DELLE MATERIE PLASTICHE Il fenomeno della degradazione termica è causato dalla presenza di idrogeni mobili nella catena o dall’attività radicalica che vengono innescati dal calore, causando la rottura della catena con la formazione di rotture e la produzione di elementi volatili. La mancanza di ossigeno porta alla depolimerizzazione della catena che avviene in tre fasi dissociative: iniziazione, trasferimento molecolare e propagazione. Per aumentare la resistenza chimica dei polimeri al degrado termico la soluzione migliore è l’aggiunta di additivi in fase di produzione. FOTO-DEGRADAZIONE DELLE MATERIE PLASTICHE Il fenomeno di foto-degradazione avviene quando il polimero è soggetto all’influenza dei raggi UV nel range di lunghezza d’onda tra 290 e 400 nm. A livello atomico sappiamo che le radiazioni di luce funzionano come flusso di particelle, nello specifico i fotoni, che entrando in contatto con le molecole dei materiali e, in certe condizioni, possono interagire passando da uno stato di bassa energia ad uno ad alta eccitazione energetica. Questi particolari flussi e movimenti si definiscono come Foto-fisici e/o Foto-chimici. Nel primo caso non intervengono modificazioni chimiche tra le molecole dei polimeri, mentre per il processo di Foto-chimica, esistono possibilità che le molecole alterino la loro caratteristica chimica in virtù della presenza di una abbondante energia. In alcune macromolecole sintetiche, l’energia dei fotoni contenute nelle radiazioni UV hanno la facoltà di provocare rotture dei legami covalenti.Categoria: notizie - tecnica - plastica - polimeri - degrado Vedi maggiori informazioni sulle materie plastiche
SCOPRI DI PIU'Skytech e Snetor Annunciano un Accordo di Distribuzione sui Polimeri Riciclati Skytech, pioniere francese nel settore della Greentech specializzato nella creazione di resine riciclate di alta qualità per l'industria e i produttori di plastica, insieme al Gruppo Snetor, impresa globale nella distribuzione di materie plastiche prime e prodotti chimici, hanno annunciato l'accordo per la distribuzione di ABS e PS riciclati.Il Gruppo Snetor vanta oltre 40 anni di esperienza nella distribuzione di materie prime plastiche (come polietilene, tereftalato di polietilene, polipropilene, polistirene espanso) e prodotti chimici, espandendosi in Europa, Africa, Medio Oriente e America Latina. Presente in più di 100 paesi, il gruppo serve una vasta gamma di clienti tra trasformatori (come stampatori, aziende di estrusione, produttori di film) e distributori locali. Dal 2019, Snetor ha iniziato a impegnarsi attivamente verso una transizione all'economia circolare, lanciando il marchio Snetor Green e intraprendendo un percorso ambizioso di Responsabilità Sociale d'Impresa (RSI). Skytech si è affermata negli ultimi anni come leader nel riciclo di ABS, PS e PP di alta qualità, garantendo prestazioni tecniche pari a quelle delle resine vergini. La società ha ampliato la sua capacità produttiva nel nuovo stabilimento di Val d’Hazey, puntando a raggiungere le 40.000 tonnellate per soddisfare la crescente domanda dei suoi clienti. Il progressivo avvicinamento tra il Gruppo Snetor e Skytech nel 2022 ha portato alla formalizzazione di una partnership commerciale per la fornitura di ABS e PS riciclati. La firma di questo contratto suggella la fiducia e la cooperazione tra le due aziende, che scommettono sull'aumento della domanda di plastica riciclata a livello globale entro il 2024. Frédéric Delaval, Direttore Generale di Skytech, ha espresso soddisfazione per il partenariato con Snetor, riconoscendo l'accordo come un segno di fiducia nella qualità dei loro plastici riciclati ABS e PS e nell'expertise del team nella rigenerazione e formulazione dei materiali plastici post-consumo. Questo accordo rafforza ulteriormente la collaborazione con Snetor, dimostrando l'impegno di quest'ultimo nell'intensificare la distribuzione dei prodotti riciclati prodotti da Skytech. Fabrice Guillermain, Vice Direttore Generale Affari del Gruppo Snetor, ha espresso grande entusiasmo per il contratto, che rappresenta un importante passo avanti nella partnership commerciale. I prodotti di Skytech, unici nel loro genere sul mercato dell'ABS/PS riciclato, anticipano un significativo incremento della domanda da parte delle aziende, desiderosi di integrare più materiali riciclati nei loro prodotti per ridurre l'impatto ambientale dei loro processi produttivi. Guillermain ha ringraziato il team di Skytech per la capacità di soddisfare queste esigenze.
SCOPRI DI PIU'Con la CO2 recuperata dall'incenerimento dei rifiuti si favorisce il processo di fotosintesidi Marco ArezioA Madrid è andato in scena l'ennesimo raduno oceanico di giovani e meno giovani, capeggiati da Greta, in concomitanza con la riunione Cop25, dal quale è emersa una sonora bocciatura delle aspirazioni ambientaliste, promosse dalla piazza, da parte di un gruppo dei paesi che hanno partecipato alla riunione. Con una serie di rinvii delle decisioni da prendere, in merito al taglio e ai crediti della CO2, al Fondo per i danni causati dai cambiamenti climatici e la ratificazione degli impegni presi in merito all'accordo di Parigi, si sono delineati alcuni blocchi composti da stati con visioni ambientali completamente diverse: Chi non vuole cambiare le cose, anzi, come gli Stati Uniti, vogliono uscire dall'accordo di Parigi per avere mano libera nella gestione del processo di inquinamento. In questo blocco possiamo includere anche l'Arabia Saudita, l'Australia, Brasile e la Russia che non vogliono ulteriori tagli sulle emissioni di CO2. Chi sta lavorando per il rispetto dei limiti imposti a Parigi, in primis l'Unione Europea, che sembra l'unica che si stia impegnando a prendere sul serio il problema del cambiamento climatico. All'interno del suo gruppo però, ci sono dei paesi del blocco dell'Est, capeggiati dalla Polonia, le cui economie sono ancora profondamente legate all'uso del carbone e che, quindi, sono ostili ad ulteriori revisioni al ribasso dei limiti sulle emissioni. Chi sta alla finestra senza prendere sostanziali decisioni, come la Cina e l'india, il cui mercato economico è fortemente legato alla gestione lassista delle normative ambientali (emissioni, rifiuti, riciclo, riuso, scarichi industriali e urbani). Nel frattempo l'Europa, chiaccherando forse meno, sotto la spinta delle direttive del parlamento in fatto ambientale, ha liberato una serie di energie propositive, sia imprenditoriali che accademiche, che vogliono studiate e sfruttare nuove idee nel campo della gestione dei rifiuti e del risparmio energetico. Una di queste prevede il recupero della CO2 che viene generata dall'incenerimento di quei rifiuti non riciclabili, per usi civili. Questa operazione ha degli indubbi vantaggi diretti ed indiretti: - L'operazione di incenerimento di rifiuti, che andrebbero in discarica, non crea emissioni di CO2 in ambiente in quanto viene completamente recuperata e riutilizzata. - Con l'attività di incenerimento si può fornire energia elettrica e riscaldamento alle città limitrofe all'impianto, risolvendo il problema dei rifiuti locali. - La CO2 recuperata viene utilizzata, tra l'altro, per attività agricole, in certi periodi, dell'anno e per ridurre i costi della gestione dell'impianto. Ma come avviene questa applicazione nel campo agricolo? I fumi prodotti dalla combustione dei rifiuti urbani hanno un contenuto di anidride carbonica che oscilla tra il 5 e il 20%, oltre ad altre tipologie di gas come l'ossigeno, gli ossidi di zolfo, gli ossidi di azoto e varie frazioni di polvere. Questi fumi vengono convogliati in un impianto specifico che ha lo scopo di separare la CO2 dagli altri elementi, così da poter avviare il processo di sterilizzazione dell'anidride carbonica, che si otterrà alla fine del ciclo di trattamento, così da renderla utilizzabile per usi industriali e alimentari. Questa separazione avviene facendo passare i fumi in un solvente che ha lo scopo di assorbire la CO2 e respingere gli altri componenti. La soluzione, solvente+CO2, viene avviata in un altro impianto che ha lo scopo di far bollire la soluzione in modo da separare nuovamente il solvente, che rientrerà nel ciclo di produzione, dalla CO2 sotto forma di gas. L'anidride carbonica gassosa passerà in un altro impianto di purificazione e, attraverso una serie di filtri, terminerà il processo di purificazione del gas, passando poi alla fase di compressione della CO2 per portarla ad una consistenza liquida. Questo nuovo elemento liquido verrà poi stoccato e avviato nelle serre per facilitare il processo di crescita dei fiori, delle piante e dei frutti. Infatti questo processo è influenzato dalla temperatura, dalla luce, dall'acqua e dalla CO2 assorbita dalle piante. Ma tra tutti gli elementi sopra citati, è proprio l'aumento della concentrazione di CO2 che influenza in maniera drastica il processo di fotosintesi, infatti un incremento di anidride carbonica doppia rispetto alle concentrazioni naturali, porterà ad uno sviluppo maggiore della pianta di circa il 15-20%, a parità degli altri parametri nutrizionali. La concimazione carbonica, così chiamata, ingenera un incremento della crescita di molte specie vegetali, ma i risultai più evidenti si notano nell'aumento della qualità del prodotto e la riduzione dei cicli produttivi.Categoria: notizie - rifiuti - economia circolareVedi maggiori informazioni sul riciclo
SCOPRI DI PIU'Non farsi trascinare da slogan o da promesse senza fondamenta, restare aderenti alla realtà per migliorare le cose di Marco ArezioSe aprite internet e digitate “Plastic Free” troverete un fiume in piena di siti, social, blog, aziende, istituzioni che hanno una solo parola d’ordine: cancellare la plastica dalla faccia della terra. Ma come in tutti gli eserciti, gli ordini si rispettano, non si discutono, anche se sono dati come “parole d’ordine”, non è lecito avere delle opinioni. Questo in modo romanzato e un po’ grottesco è quello che sta succedendo nel mondo globalizzato dove la gestione del potere non è più, apparentemente, in mano alle istituzioni, alla politica o al denaro, nei termini classici a cui eravamo abituati fino a poco tempo fa, ma comandano le masse che hanno il potere di influenzare il mercato e, con esso, la nostra vita. Ma dietro ogni massa, comunque, ci sono sempre i soliti motori delle lobbies, del denaro e della politica con un vestito nuovo. Viviamo nell’era della libertà più assoluta ma se ci fermiamo a pensare alla condizione umana notiamo che una parte della gente si sente sola e insicura per cui trova nell’associazionismo, reale o virtuale, il modo di appartenere e condividere temi e movimenti di cui conosce poco e di cui si interroga ancora meno, ma si sente parte di qualche cosa. “Plastic Free” o “Zero Plastic” sono movimenti che sono cresciuti dalle paure della gente, che identifica nella plastica dispersa in mare o nella natura, il nemico numero uno da combattere. Questi movimenti sono stati ripresi e usati da alcune aziende che attraverso le campagne di marketing hanno trovato nuovi futuri clienti o per lo meno nel tentativo di evitare i consumatori-nemici, da alcuni media che propongono campagne di liberazione della plastica dai mari senza assolvere al loro principale compito che è quello dell’informazione imparziale, dalle istituzioni, grandi e piccole, che si reggono sulla politica e sui voti della gente e, quindi, per lo stesso motivo delle aziende, non possono inimicarsi la popolazione. Ma in un modo libero è lecito che ognuno abbia la propria opinione e possa seguire le correnti di pensiero che crede e i movimenti in cui crede. Il punto fondamentale è che ogni persona dovrebbe fare delle scelte razionali e meditate perché oggi le masse si muovono in modo rapido, crescendo velocemente e sapendo che ogni spostamento avrà una conseguenza, anche se il singolo non ci pensa. Moltissime persone vogliono rinunciare alla plastica perché secondo loro inquina, è un demone e senza di essa, pensano, avranno un mondo migliore. Direi che si può accettare questa teoria, magari non condividerla, perché nessuno è sposato alla plastica, ma poi? Quali sono le alternative nel breve periodo? Con quali materiali ecologici la sostituiamo? La plastica non è fatta solo di bottiglie o di fustini del detersivo o di sacchetti di plastica che vediamo nei documentari dispersi in mare, la usiamo in ospedale per salvarci la vita, su ogni mezzo di trasporto che prendiamo, anche quelli più ecologici, nelle nostre case, sei nostri computer o telefonini o stampanti o televisioni, nell’industria che produce i beni più vari che compriamo tutti i giorni anche se siamo promotori del “Plastic Free”, nei mezzi di pagamento, nei vestiti, nelle scarpe.. Forse facciamo prima ad elencare cosa non produciamo con la plastica. Immaginiamo quindi di cancellare di colpo tutti questi prodotti e sostituirli con prodotti più ecologici seguendo il motto del “Plastic Free o Zero Plastic”. Dove sono i prodotti green, oggi, che possono compiere questo passo? Un conto è gridare no alla plastica, un conto, subito dopo, è trovare una soluzione per continuare a vivere in modo reale. Ci vuole tempo, competenze tecniche e volontà politica per portare avanti un cambiamento così radicale, anche solo parzialmente, ricordandoci che la plastica è un materiale con delle doti tecniche ed economiche difficilmente sostituibili con le conoscenze scientifiche oggi a nostra disposizione. Ma dal punto di vista tecnico abbiamo tutte le conoscenze e le informazioni per risolvere il problema dell’inquinamento che l’uomo, non la plastica in sè, ha creato nell’ambiente. Vogliamo parlare, solo per fare un esempio tra i tanti che potremmo citare, delle proposte di sostituire le cannucce per bere o i pettini o gli spazzolini da denti con il bambù? Idea lodevole, ma anche se dal punto di vista del marketing può essere apprezzata, abbiamo considerato che una importante richiesta di materia prima per la produzione di questi articoli comporta l’inizio di nuove colture e quindi la ricerca di terre libere sulle quali coltivare le piante? Ci sono terre fertili attualmente libere o dobbiamo come sempre bruciare la foresta per fare spazio a nuove coltivazioni che richiederanno acqua e forse concimi, diserbanti e insetticidi chimici per sostenere il business? La plastica riciclata è una risorsa fondamentale per le nostre società, quindi vale la pena di elencarne alcuni aspetti premianti di questa importante funzione: – Il riciclo della plastica permette di ridurre l’uso di polimeri vergini, derivati dal petrolio, ogni volta che si produce un prodotto. 1 kg. di plastica rigenerata viene usata innumerevoli volte riducendo così la dipendenza dal petrolio. – Il riciclo della plastica permette la creazione di posti di lavoro specialmente in quei paesi dove il tessuto industriale è scarso, dando alle popolazioni una ulteriore possibilità di occupazione locale. – Il riciclo plastica salva l’ambiente da quello che i media ci fanno vedere tutti i giorni, l’inquinamento creato dai prodotti finiti buttati anziché riutilizzati. – La plastica può essere combustibile che serve per creare l’elettricità e combustibili liquidi riducendo la dipendenza dal petrolio e da altre fonti fossili molto inquinanti come il carbone. – Se alzassimo la % di plastica riciclata ogni anno nel mondo si instaurerebbe un circolo economico virtuoso e una riduzione sostanziale dell’inquinamento a tutti i livelli. Per imprimere una svolta che possa, in tempi rapidi risolvere il problema ambientale, si devono legare insieme vari settori che coprono i tasselli che compongono l’economia circolare: produzione, raccolta, riciclo e riuso. La produzione deve creare prodotti che siano più riciclabili di quelli che troviamo adesso sul mercato e non solo preoccuparsi di inserire nelle loro produzioni percentuali variabili di plastica riciclata. Le aziende devono essere coinvolte nel progetto sociale per cui riducano al minimo la produzione di articoli che a fine vita non potranno essere riciclati. La raccolta coinvolge le istituzioni governative che devono imporre ai cittadini un sistema chiaro e semplice per dividere i rifiuti plastici a fine vita, dando agli utenti informazioni non contraddittorie su come selezionare i rifiuti. Il cittadino deve prendere coscienza del compito sociale che gli è stato affidato nell’assolvere in modo corretto questo compito, anche e soprattutto per se stesso. I governi devono incrementare gli investimenti sul riciclo dei rifiuti, aiutando il mercato a trovare un equilibrio, anche economico, che permetta alle aziende che riciclano di avere una remunerazione corretta sul lavoro e sugli investimenti e un riconoscimento sociale del settore in cui operano. L’adozione di sistemi di vendita del rifiuto plastico post-raccolta, che vede i riciclatori schiacciati da prezzi delle materie prime nati a seguito di aste, sono un mezzo per frenare lo sviluppo del mercato a discapito della collettività. Inoltre la ricerca scientifica dovrebbe essere maggiormente supportata dai governi, in modo da arrivare ad attribuirgli una funzione di supporto tecnico circa i progetti per l’utilizzo delle plastiche non riciclabili come combustibili in sostituzione delle fonti fossili. Il riuso dei rifiuti plastici attraverso il processo di riciclo permette di ricreare valore al mercato dei prodotti senza attingere alle fonti naturali della terra chiudendo il circolo virtuoso dell’economia circolare. Ma tutto questo, senza una cultura generale sul mondo della plastica più ampia, è un compito veramente difficile. Un problema non parte mai dalla sua fine ma dal suo inizio, quindi non bisogna demonizzare la plastica perché è nei mari ma capire perché l’uomo la butta nell'ambiente e poi ce la troviamo nel mare. Se per magia nessuno disperdesse nell'ambiente i rifiuti ma capisse che questi sono risorse, a basso costo, equamente distribuite nel mondo, con le quali si può vivere sia dal punto di vista economico che ambientale, pensate che ci sarebbe ancora plastica nei mari? Stupidi a parte naturalmente.Vedi maggiori informazioni sul riciclo
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